Quando si svolgono elezioni amministrative vale sempre la premessa che le situazioni e i risultati vanno letti e interpretati tenendo innanzitutto conto dei contesti di riferimento. Non farlo sarebbe in primo luogo disonesto e fuorviante, poi significherebbe mancare di rispetto agli elettori che esprimono la propria preferenza sulla base delle opinioni e delle aspettative riposte nei candidati. Detto questo, la tornata elettorale che ha esaurito il primo turno può essere considerata significativa anche in prospettiva nazionale: sia perché andava al voto una buona parte delle maggiori città italiane; sia perché la fase storica e politica che stiamo attraversando è così eccezionale da indurre curiosità e particolare attenzione allo sguardo dell’elettorato.

Il primo dato sta nella promozione, se così si può dire, della formula politica larga che mette assieme il tradizionale centrosinistra con il Movimento Cinque Stelle. Laddove questa si è potuta applicare, Bologna e Napoli, il suo successo è stato larghissimo. E’ una circostanza che non può che costituire un dato politico di riferimento per i futuri sviluppi politici, e non potrà che influenzare le decisioni che spettano alle classi dirigenti delle forze politiche coinvolte, a cominciare dal Pd e dal Movimento Cinque Stelle. Questa lettura si innesta su quella più generale che vede il Pd in forte crescita, e un Movimento Cinque Stelle che conferma le tradizionali difficoltà nelle elezioni locali, difficoltà che potranno essere meglio affrontate alla luce di una strada politica che si apre sempre di più tanto da apparire segnata, e che consente al suo leader, Giuseppe Conte, di lavorare con maggiore tranquillità al consolidamento.

Le altre considerazioni, forse ancora più significative, riguardano il centrodestra. In questo campo i dati hanno l’effetto di produrre un contesto di forte sofferenza e incertezza per le forze politiche che ne fanno parte. La competizione tra Lega e Fratelli d’Italia produce disastri in forma di candidati deboli, poco condivisi e sostenuti con scarsa convinzione, e il conseguente risultato di una complessiva Caporetto, con il rischio concreto di perdere oltre che a Napoli, a Bologna e a Milano al primo turno anche a Torino e a Roma al ballottaggio, subendo un umiliante cappotto. Fratelli d’Italia cresce ma non sfonda, la Lega crolla e in modo particolare al centrosud. Forza Italia reclama un approccio più moderato. Il vero sconfitto appare il leader della Lega Matteo Salvini: anzitutto negli esiti, ma soprattutto e più gravemente per l’ulteriore complicazione dello scenario politico. L’obiettivo di sommare i vantaggi del sostegno al governo del rilancio e i benefici elettoralistici di fare l’oppositore, che tanto consenso aveva fruttato ai tempi del primo governo Conte, mostra chiaramente la corda, e Salvini appare schiacciato tra chi gli chiede una decisa svolta nella direzione di un appoggio convinto all’esecutivo che metta da parte le ambiguità (Forza Italia e la classe dirigente e l’elettorato del Nord, sempre più influenti visto il particolare insuccesso nel centrosud), e la sempre più ossessiva necessità di non lasciare libere le praterie sovraniste alla concorrente Giorgia Meloni. Il rischio di rimanere a lungo in mezzo al guado, fin oltre i limiti del logoramento, è per lui più che concreto.


Michele Fina