Quanto si è parlato negli ultimi mesi dei cosiddetti “No vax”, variati in una seconda fase fino a tratti a includere e coincidere con i “No Green Pass”? Forse troppo, di sicuro molto, un’attenzione per così dire favorita da una deriva violenta di certe manifestazioni, quando questa non è stata politicamente estremista, come nel caso del gravissimo assalto alla sede nazionale della Cgil a Roma nell’ottobre scorso. Sui media lo spazio per le posizioni di chi rifiuta il vaccino contro il Covid-19 non è mai mancato. Inoltre il governo in carica, che ha tra i pilastri programmatici che ne giustificano l’esistenza la realizzazione del piano di vaccinazioni (l’altro è il rilancio economico atttraverso il PNRR), ha adottato per quasi tutto il suo mandato nei confronti dei No vax un approccio quanto meno graduale, basato sul convincimento. Ai No vax nel complesso, tra trattamento mediatico e politico, andava in sintesi fino a pochi giorni fa piuttosto bene.
Solo di recente si sono cominciate a vedere misure più dirette, tra cui spicca l’obbligo vaccinale per gli over 50. Il presidente del Consiglio ha poi esplicitamente indicato i No vax come la causa dei problemi che stiamo attraversando in questo passaggio dell’emergenza pandemica, tutta caratterizzata dalle peculiarità della variante Omicron. Il clima parrebbe insomma in cambiamento, e del resto a giustificare una qualche accelerazione sanzionatoria ci sono i dati messi sul tavolo dallo stesso Mario Draghi. I no vax sono circa il dieci per cento della popolazione vaccinabile (over 12), eppure con la loro libera scelta occupano i due terzi dei posti in terapia intensiva e la metà di quelli ordinari. Nelle stesse ore la Società italiana di chirurgia ha rincarato: la pressione sugli ospedali, come detto causata in grande prevalenza dai No vax, sta riducendo di almeno la metà le operazioni chirurgiche e rallentando la prevenzione e la diagnostica. Si sta tornando, senza avere fatto in tempo a smaltire le liste di attesa, alla situazione di due anni fa, con la scandalosa aggravante che allora i vaccini non esistevano, mentre ora esistono, abbondano e sono efficaci in modo particolare contro le conseguenze del contagio, ma esiste una minoranza che li rifiuta e mette a repentaglio la tenuta del sistema sociale e sanitario, quindi tutti noi, a cominciare, si intende, dai più deboli: chi rischia la vita perché è gravemente malato e a causa degli ospedali concentrati sul Covid può non fare in tempo a curarsi o prevenire la propria malattia; chi non ha un lavoro solido, e a causa di possibili nuove restrizioni rischia di perderlo o vederselo rallentato.
Forse ce n’è abbastanza per affermare e sottolineare l’esigenza di un grande movimento Sì vax che protegga il popolo, e reclami il sacrosanto diritto di essere rispettato nel sacrificio che compie, al fianco della scienza, per combattere con disciplina la pandemia e mitigarne il più possibile gli effetti. È sempre più chiaro infatti che la graduale sconfitta dalla pandemia, che dovrà passare dalla sua trasformazione in una comune endemia, non si realizzerà da sola, ma con la necessaria, ulteriore crescita della platea di chi si vaccina. E ancor più con la soluzione alla radice di ciò che moltiplica le epidemie: un grave squilibrio nel rapporto esseri umani – natura. Quindi spazio al movimento Sì vax, anche per fare definitivamente i conti con i tanti, troppi che coltivano l’ambiguità, anche tra le principali forze politiche, dichiarandosi favorevoli ai vaccini ma strizzando l’occhio ai No vax con dichiarazioni accondiscendenti e proposte tanto ruffiane quanto inutili o addirittura dannose.
Michele Fina
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