Nel 108esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro” si è presentato in un’edizione speciale un film: “Bocche inutili” (Wellsee e Lucere Film). Uscirà oggi 25 aprile in anteprima nazionale al cinema Troisi di Roma, poi approderà a Carpi, Milano, Torino, Pescara, Agrigento.
A condurre la presentazione Marielisa Serone D’Alò (filosofa e ideatrice di contenuti audiovisivi). Vi hanno preso parte il regista del film Claudio Uberti, una delle attrici che vi hanno recitato, Anna Gargano, la sceneggiatrice Francesca Nodari.
Serone D’Alò ha aperto l’incontro esprimendo solidarietà al deputato Emanuele Fiano, che sarà in Abruzzo oggi per le celebrazioni della Liberazione, vittima di aggressione sui social. Anche perché, ha detto, “presentiamo un film che parla di resistenza, di sofferenza, di oppressione e di donne. Una serie di temi che non solo ci interessano ma è giusto che restino all’attenzione dei più. Il titolo è suggestivo ed è anche quello della canzone di Cisco simbolo della pellicola. L’utilizzo della camera, dei corpi e degli spazi è molto interessante, evolve nel corso del film”.
Uberti ha raccontato che il film “è nato per un’esigenza personale, quella di raccontare il mondo della femminilità negata prendendo lo spunto dalla tragedia della Shoah. Una circostanza importante in un momento storico come questo, perché la storia va portata al presente per non commettere gli stessi errori. Bocche inutili era il nome che i nazisti davano alle donne internate nel campo di concentramento di Ravensbruck, ma in realtà con questo film voglio raccontare qualcosa di più, come detto la femminilità ma anche la coralità, fare squadra per raggiungere un obiettivo che sembrava impossibile. La prima parte è stata girata nel campo di Fossoli, dove i fatti sono realmente accaduti, poi a Ravensbruck l’approccio è più forte, si passa dalla delicatezza di entrare in una storia che è già iniziata alla volontà di liberazione. Queste donne sono state toccate sia nella persona che nella possibilità di futuro e il film tratta anche di speranza e di desiderio di vita. Ogni donna, ogni personaggio ha una sua caratteristica, offrendo così molte sfaccettature del femminile, un mondo che non comprendo e che proprio per questo mi affascina”.
Anna Gargano ha detto che si tratta di “un progetto che va sposato con tutto il rispetto possibile, bisogna entrarci prima come persone che come attrici. Ha aiutato la coralità e la ricostruzione scenografica, tra noi attrici si è creata un’unione per il progetto e anche dal punto di vista umano. La baracca ricostruita è stata importante: un ambiente piccolo, intimo ha aiutato il nostro esserci in quel momento. Il personaggio che interpreto, Bianca Maria, viene da una famiglia borghese, ha un pezzo di famiglia nel campo, la sorella. Attraversa momenti personali profondi e particolari, lascerà i suoi muri per aprirsi alla vita in un contesto di morte”.
La sceneggiatrice Nodari ha offerto una spiegazione della frase in esergo di Emmanuel Lévinas, attraverso un’interpretazione dell’essere donna – colei che non si può né comprendere né afferrare – e sottolineando l’importanza nella storia dell’idea di sorellanza. Ha aggiunto: “L’impresa è stata riuscire a rendere in modo cinematografico quello che per anni è stato messo tra parentesi, ma in fondo come in Lévinas c’è anche quello sperare nel presente”.
Dalla centesima puntata la rubrica si presenta in veste rinnovata, avvalendosi della collaborazione di Michele Fina con l’attore Lino Guanciale, con Giovanna Di Lello (direttrice del John Fante Festival “il dio di mio padre”) e con Massimo Nunzi (compositore e direttore d’orchestra, trombettista e divulgatore).
La registrazione del dialogo è disponibile qui.
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