“Le curatrici sono da ringraziare per il lavoro che hanno fatto con e su questo libro: un testo pubblicato in Italia nel 1991, negli anni in Italia resosi quasi introvabile nonostante fosse citato e richiamato in molti contesti e ambiti”: così ha esordito Marielisa Serone D’Alò in apertura del 154esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro”, dedicato alla presentazione della riedizione del libro di Naomi Wolf “Il mito della bellezza” (Edizioni Tlon). Con Serone D’Alò le curatrici Maura Gancitano (scrittrice, filosofa, fondatrice progetto Tlon) e Jennifer Guerra (scrittrice, giornalista, studiosa di tematiche di genere, femminismo e diritti LGBTQ+) e Michele Fina che ha sottolineato “l’importanza di incrociare Tlon, il suo progetto culturale fatto di una casa editrice, una libreria e tantissime iniziative: è un bell’esempio di cui parlare. Il libro è molto valido, e contemporaneo nonostante abbia trent’anni – in particolare l’ottavo capitolo sarebbe da leggere e rileggere ed esordisce così: ‘Il mito della bellezza ha contrastato le nuove libertà delle donne, spostando direttamente sul loro viso e sul loro corpo i limiti sociali imposti all’esistenza femminile’. Per provare che la questione sia urgente e attuale basta capire il nesso che lega la mistica della femminilità, il mito della bellezza con il controllo del corpo e la dittatura del conformarsi al modello: facendo questo si riesce a comprendere meglio fenomeni che sembrano distanti dal tema della bellezza come la violenza maschile sulle donne che invece di quelle dinamiche tossiche si nutre facendo del nostro Paese un posto in cui in cui gli omicidi diminuiscono e aumentano i fenomeni di femminicidio”.
Gancitano ha spiegato: “E’ un libro che ho letto diversi anni fa dopo avere fatto fatica a trovarlo. Ci siamo posti l’obiettivo di riportarlo in Italia. E’ iniziato un percorso di riedizione, con la sfida di riattualizzare molti elementi, prestare attenzione alle sensibilità attuali. Da qui è nata la richiesta di collaborazione a Jennifer Guerra, che ha fatto un importante lavoro anche di ricostruzione e persino di investigazione. In realtà il testo rimane molto attuale, al di là di alcune distinzioni e sfumature. Riesce ancora a descrivere la società in cui viviamo, tante ricerche hanno confermato la visione di Naomi Wolf. Questo è anche triste, testimonia come ancora le persone si trovino ad affrontare un conflitto con se stesse e il proprio corpo in un modo non molto diverso rispetto a quanto accadeva negli anni Novanta del secolo scorso”. Per Gancitano il testo “negli anni è stato un po’ dimenticato forse perché la questione della bellezza è stata considerata un po’ marginale, è sopravvissuta questa idea. Ci sono in realtà molti studi scientifici in cui il libro è citato. In Italia purtroppo delle questioni al centro del testo si è parlato poco, ma oggi è importante capire quello che accade, le dinamiche che portano a una certa rappresentazione femminile, e per capire quanto sia un falso tema quello della bellezza che purtroppo ancora viene percepito come importante per avere successo nella vita. Come scriveva Simone de Beauvoir, la donna viene vista da millenni come un oggetto e come l’Altro, anche quando comincia a entrare nello spazio sociale per migliorarsi. Accade di più a chi porta un corpo raccontato come più vulnerabile e giudicato rispetto agli altri, elemento collegato al fatto che gli uomini arrivano a considerare le donne una proprietà. E’ evidente l’intersezione con il dramma dei femminicidi. Per questo ‘Il mito della bellezza’ dovrebbe essere letto soprattutto dagli uomini, in un contesto in cui molte cose stanno cambiando e migliorando anche in Italia, sebbene ancora con molte resistenze culturali”.
Guerra ha raccontato: “Si è trattato della mia prima curatela, è stato anche un mettermi in gioco. La sfida non era semplice, c’erano tante edizioni da confrontare e allo stesso tempo attualizzare elementi mantenendo l’integrità del testo. Ci sono anche questioni che vanno chiarite perché la riflessione all’interno del femminismo è nel frattempo molto evoluta. Il libro è anche molto utile per la prospettiva che offre sul decennio degli anni Ottanta, spesso tralasciato nell’ambito del femminismo, che oggi nel dibattito pubblico è al centro anche per il percorso della ministra Roccella, caratterizzato dal passaggio dal femminismo al radicalismo estremo, arrivando a essere negli anni scorsi portavoce del Family Day. Non si tratta di un percorso unico a livello internazionale, si nota su due temi, l’aborto e la questione dei diritti transgender. Naomi Wolf cerca di capire come le donne nel momento in cui sono uscite dallo spazio domestico abbiano subito una sorta di contrattacco. Scrive che il mito della bellezza serve a indebolire le donne, a incanalare le loro energie in qualcosa che non è la loro liberazione, ed è in qualche modo funzionale alla marginalizzazione, all’oppressione, all’impossibilità di essere libere e autodeterminarsi fino anche a incontrare la violenza – visto che ribadisce un ordine sociale con un soggetto dominante maschile”.
La registrazione del dialogo è disponibile qui.
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