La protesta degli studenti contro il caro affitti non solo è lecita ma doverosa. Troppe volte il diritto allo studio è rimasto solamente su carta, invece di trasformarsi in strumenti e servizi. D’altronde in politica spesso l’agenda è dettata dalla ricerca del consenso: succede così che in un Paese da anni in crisi demografica, dove i giovani sono numericamente pochi e quindi difficilmente in grado di pesare dal punto di vista elettorale, questi finiscano in fondo alla lista.

Quello che trovo surreale sono gli attacchi che arrivano da alcuni personaggi che in molti casi hanno avuto la fortuna di nascere in buone famiglie. Con rammarico noto che in diversi casi sono gli stessi che attaccavano i giovani perché si rifiutavano di lavorare per 600 euro al mese, ora invece li accusano di non voler studiare e fare sacrifici. E’ evidente che per una famiglia che vive in uno stato di povertà relativa, e sono 2,9 milioni in Italia, spendere 900 euro al mese per far studiare il proprio figlio non è nemmeno lontanamente immaginabile. Spiace dirlo ma l’università sta diventando sempre più un lusso per pochi, eppure se vogliamo accrescere le nostre condizioni sociali e materiali, se vogliamo disegnare un futuro migliore, con meno disuguaglianze, con più diritti, che sia sostenibile, in pace, insomma un futuro migliore, l’unica via è far studiare i giovani. Einstein ripeteva che “non puoi risolvere un problema con lo stesso livello di conoscenza che lo ha creato”.

Eppure in Italia continuiamo a ignorare un dato macroscopico che in altri Paesi avrebbe riempito le agende politiche. Siamo al penultimo posto in Europa per numero di laureati, peggio di noi solamente la Romania. Ma il dato non dovrebbe stupire, considerato quanto costa far studiare un figlio, considerato quanto siano irrisorie in alcuni casi le cifre delle borse di studio. Per non parlare degli idonei non vincitori, ovvero di ragazzi che ne avrebbero diritto ma non la percepiscono per mancanza di fondi. Qualche dato per rendere l’idea: da noi percepiscono un aiuto economico circa il 12% degli studenti, mentre in Spagna sono il 30%, questo succede perché spendiamo in istruzione il 4,3% del Pil (dato 2020), circa un punto percentuale sotto alla media europea.

Che risposta dare allora a quelle ragazze e quei ragazzi sotto le tende? La prospettiva che pare più concreta, ma sicuramente di più difficile attuazione, è un programma che racchiuda un insieme di politiche universitarie, sociali, di politiche attive per il lavoro e abitative che sinergicamente possano mettere il giovane a basso reddito in condizione di poter accedere al mondo universitario in modo dignitoso. Provando ad adottare uno sguardo prospettico e sistemico, sarebbe utile ragionare sulla proposta che da anni avanzano gli studenti di un reddito di formazione, oltre ad una riforma profonda del diritto allo studio, a partire dalla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e alla costruzione di un sistema di welfare studentesco.

Il reddito dovrebbe garantire ai ragazzi la possibilità di studiare e di vivere in un contesto dignitoso, con un assegno mensile, sostitutivo o integrativo dei sistemi di borse di studio regionali, da elargire sulla base del mantenimento di standard e di risultati accademici, per beneficiari tra 18 e 26 anni. Un approccio radicale perché credo nella necessità di un forte investimento sui giovani, credo nel dovere che abbiamo di rimuovere gli ostacoli sociali e materiali al pieno sviluppo della persona, come ci indica la nostra Costituzione, e credo che ognuno abbia diritto ad avere le stesse opportunità di partenza.

Proprio per questo intendo promuovere momenti di ascolto dei ragazzi e lavorare con loro alla stesura di un disegno di legge che vada in questa direzione, questa è anche la missione di un parlamentare.

 

Michele Fina