Nel 169esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro” Marielisa Serone D’Alò ha presentato con Benedetta La Penna (attivista femminista intersezionale e speaker radiofonica) e l’autrice il libro di Espérance Hakuzwimana (scrittrice, attivista per i diritti sociali, formatrice) “La banda del pianerottolo” (Mondadori).
Serone D’Alò ha detto: “E’ il terzo libro di Espérance, uscito da circa un mese. E’ per ragazz* ma non solo: una delle sue caratteristiche più evidenti è che aiuta sia a sognare che a riflettere. Sono molti i valori che vi si promuovono in questo libro: quello che brilla di certo è l’amicizia, oltre al fatto che il legame col mondo dell’adultità è incarnato dall’eccentrico personaggio di zio Ruben. Tutto è illuminato da una scrittura molto limpida e dalle illustrazioni di Silvia Venturi”.
La Penna ha spiegato: “Espérance si dichiara un’attivista culturale e io sono pienamente d’accordo. Leggendo questo libro ho visto tantissime cose di lei. E’ una storia con due voci, con un bambino e una bambina, con caratteristiche particolari. I due personaggi racchiudono tematiche delicate, una nera e l’altro è sordo: ho ammirato tantissimo il modo in cui li ha raccontati, c’è molto dell’approccio intersezionale. Ci sono prima le persone delle caratteristiche che molto spesso vengono discriminate”.
Hakuzwimana ha raccontato di avere passato “tanto tempo chiedendomi quanto tenere separate la mia parte di attivista e quella di scrittrice. In questo testo sono riuscita a metterle assieme. Mi sono divertita molto a scrivere questa storia ed è stato fondamentale riuscire a mantenere questa linea. E’ stato fondamentale il rispetto dei personaggi, darmi l’opportunità di non appiattirli solo su certe caratteristiche. Tra l’altro per la narrazione che ho cercato di fare in questi anni ho capito che sarà sempre inevitabile che tra i miei personaggi compaia almeno un adottato o un’adottata. In questo libro l’esperienza dell’adozione di una protagonista viene raccontata grazie alla partecipazione nella banda, pur non essendo al centro di tutto: è come dare qualcosa indietro a quel mondo che mi ha permesso di essere l’adulta che sono. Il personaggio di zio Ruben mi ha aiutato a tenere viva la bambina che è in me, quella magia. Molto probabilmente questo interesse deriva dal fatto che non ha vissuto appieno quel periodo della mia vita, ma anche perché mi appassiona e mi manca spesso quel tipo di spontaneità. E’ stato poi molto poi molto importante per me parlare in questo libro dei legami familiari, che possono prendere direzioni diverse”.
L’autrice ha parlato in conclusione delle difficoltà del mestiere, molto spesso non conosciute dal pubblico per cui invece “serve sapere cos’è il mondo della scrittrice e dello scrittore, cosa significhi scrivere un libro che porta poi a un processo che può durare con i tour anni. In quel tempo come si fa fronte al sostentamento? Il nostro è un contributo culturale, vanno riconosciuti diritti per poterlo svolgere al meglio”.
La registrazione del dialogo è disponibile qui.
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