Fina l’ha definito “importante, profondo e articolato. I lavori, tra cui questo, sul rapporto tra mito e giustizia stanno avendo grande fortuna e a me sembra che sia la risposta all’idea che i dubbi attorno alla giustizia si possano risolvere con lo scontro, con la polemica della cronaca. C’è una richiesta di profondità e anche l’emozione attorno alla morte di David Sassoli indica, ritengo, un’esigenza ampia di un approccio che sia contrario a un tipo di leadership urlata. Nei punti di connessione e di crescita comuni ci possono essere le categorie che ci aiutano a trovare i giusti confini”.
Per Violante è “un libro importante, che ti apre la testa, ti permette di connettere categorie apparentemente lontane. E’ un libro di filosofia del diritto ma anche di filosofia della vita. A volte c’è bisogno di andare ai pilastri per scoprire i punti fondamentali del nostro vivere civile. L’aspetto giuridico del libro ruota attorno ai concetti di diritto, giustizia e forza. La giustizia viene prima, il diritto è lo strumento per assicurarla ma allo stesso tempo è il frutto del soggetto che lo stabilisce, e quindi frutto della forza ma anche fatta perché non prevalga. L’esercizio della giustizia è insieme potere e servizio, ma è quando la dimensione del servizio viene meno che comincia l’errore”.
Di Marzio ha spiegato: “L’idea di concentrare una riflessione sulla giustizia ricordando le nostre radici classiche non è nuova. E’ una matrice della nostra cultura non dimenticare gli insegnamenti racchiusi in opere memorabili, come appunto la poesia di Esiodo, la prima scritta giunta fino a noi. Ho scritto questo libro durante i tempi della pandemia, quando si è verificato un fenomeno nuovo: la necessità di conciliare la legislazione dell’emergenza con la regola comunitaria dettata dalla Costituzione. Abbiamo un’idea poetica della giustizia che è correttamente intesa se la collochiamo assieme all’idea di comunità. La giustizia ha bisogno di un criterio che la realizzi e di un sistema di regole. Il diritto non è mai un’acquisizione garantita, è vivo se criticato. Viviamo in tempi che purtroppo non hanno difficoltà a discostarsi dalle buone ragioni ma diritto e politica dovrebbero essere pensiero ragionevole, invito a incontrarsi sulle buone ragioni, e ogni volta che ci riescono la violenza è sconfitta. Nel libro parliamo di giudici che si esprimono nella dimensione del processo, comunitaria per eccellenza, che è il più efficace antidoto alla violenza. La ragionevolezza è una forza individuale e collettiva”.
Per Violante “ordinamento giuridico e ordinamento politico sono confinanti. L’ordinamento politico detta le regole, quello giuridico le applica. Questo rende quasi potenziale il conflitto permanente, e se uno dei poteri cresce l’altro si espande, come è accaduto nel nostro Paese dal 1992. Occorre riflettere su come ricostruire un equilibrio tra giustizia e politica, è un punto democratico. La politica è il luogo dove ci sono opinioni diverse, altrimenti non avrebbe motivo di esistere”.
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