Il libro di Forugh Farrokhzad  “E’ solo la voce che resta” (Riccardo Condò Editore) è stato presentato nel 138esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro”, da Giovanna Di Lello (direttrice del John Fante Festival “il dio di mio padre”), da Faezeh Mardani (docente di lingua e letteratura persiana all’Università di Bologna) che l’ha curato e tradotto, e dall’editore Riccardo Condò.

Di Lello ha definito Farrokhzad “la più importante scrittrice del panorama letterario persiano del Novecento, una poetessa ancora oggi amatissima in Iran. Tra i temi che tratta c’è la rivendicazione della libertà delle donne. Si è dedicata anche al cinema e ha realizzato un documentario poetico che ha segnato la generazione di cineasti iraniani successiva. Mi sembrava giusto parlare di lei in questo periodo in cui assistiamo nel suo Paese a una dura repressione delle donne. Il libro che presentiamo oggi è una bellissima raccolta di poesie. Leggendolo si capisce quanto per lei la poesia sia un atto vitale, persino essenziale, tanto da arrivare a divorziare perché non riusciva a conciliare la vita familiare con il suo essere artista. Ne fu segnata, perché da quel momento le venne impedito di vedere il figlio”.

La professoressa Mardani ha spiegato: “La letteratura iraniana è poco conosciuta ed esplorata nella nostra cultura italiana, ma quella di Farrokhzad è una delle voci più conosciute al mondo per quanto riguarda l’Iran contemporaneo, che vanta una vivacità culturale notevole. Le sue poesie sono state tradotte in molte lingue europee e lei è molto studiata, anche come figura femminile che ha aperto un’epoca. Il suo è un profilo immenso e poliedrico che ha influenzato molto le donne iraniane. La sua scrittura poetica combacia con la sua vita, che attraversa i decenni più importanti della storia del Novecento nel suo Paese, dagli anni Quaranta ai Sessanta. Poesia e vita sono in lei impossibili da dividere. La separazione dal marito e la condanna sociale, il dolore di perdere il figlio piccolo, sono di conseguenza molto presenti nella sua opera: la sofferenza, l’angoscia, la solitudine, si trasformeranno in una seconda fase in una profonda consapevolezza, arrivando a una descrizione profonda e filosofica dell’essere umano. Lei stessa considera le sue poesie giovanili una fase preparatoria, più legata all’istinto, a quella che lei reputa come quella vera, a cui arriva attraverso una parentesi fatte di altre esperienze artistiche, tra cui il cinema, in cui rientra uno dei più importanti documentari degli ultimi anni, la casa nera, ambientato in un lebbrosario. Scrive in una fase caratterizzata in Iran da autoritarismi, che l’autrice attraversa e racconta”.

L’editore Riccardo Condò ha detto che “la pubblicazione di questo libro è stata una felice opportunità, pur non essendo molto conosciuta vediamo dalle richieste che l’autrice è molto amata. Abbiamo notato in questi anni un pregiudizio per la letteratura persiana, in generale di quell’area geografica. Il problema non sta tanto nella notorietà ma nell’atteggiamento timoroso dei media. Gli scritti di Farrokhzad sono universali, si riferiscono alla natura umana e a come viene percepita, sono colmi di messaggi di fierezza e libertà”. Sul finire dell’incontro la professoressa Mardani ha letto la poesia di Farrokhzad “Un’altra nascita”.

La registrazione del dialogo è disponibile qui.