Ezio Mauro nel corso del dialogo ha anche fornito una lettura e alcune previsioni sulla prossima incombenza che attende la democrazia e il Parlamento italiani, l’elezione del Presidente della Repubblica: “Ci sarà il tentativo di costruire un’ipotesi unitaria con una figura che non sia marcata politicamente in un campo o nell’altro, e questo metterebbe fuori gioco Berlusconi, tanto più che portare un pregiudicato al Quirinale è persino una sfida al costume repubblicano. Se l’ipotesi unitaria non andrà in porto, potrà succedere di tutto, anche che nasca una figura sul momento, che interpreti allo stesso tempo la soluzione e la difficoltà del sistema di trovare uno sbocco”.
Fina ha detto: “Sono felice di festeggiare il nuovo anno della rubrica con un testo che ha i libri come imputati ombra. Nel nostro racconto è costante l’elemento del rapporto tra questi e il potere, ed è anche l’origine dell’indagine di Ezio Mauro. Si tratta di due scrittori – Andrej Sinjavskij e Julij Daniel’ – che subiscono un processo perché scoperti quando in una fase di restrizioni mandano i loro libri dell’estero. L’attenzione per quanto accade in Russia ed ex Unione sovietica caratterizza da molti anni il lavoro di Ezio Mauro e questa storia è collocata in particolare nel periodo tra il disgelo e il ritorno a un controllo stretto, era poco conosciuta e raccontarla significa restituirle dignità. Emerge il grigio dell’abisso totalitario ma anche le crepe e in difficoltà di un sistema già messo in discussione, e la rivolta: i due autori non negano di aver mandato all’estero i libri quanto piuttosto che siano una critica del sistema sovietico. Il potere è sfidato dall’ironia, dalla satira che emerge dai loro racconti. Le donne hanno un ruolo importante, emergono figure femminili molto forti”.
Ezio Mauro ha ricordato che “quella dell’ex Unione sovietica è una grande storia che riguarda anche tutti noi. Ho rimandato la scrittura di questo libro per molto tempo, dopo che ho lasciato il ruolo di corrispondente da Mosca. Si è scritto alla fine da solo perché mi sono accorto di avere accumulato nella mia ossessione lunga 33 anni più materiale di quello che mi serviva. Ho avuto anche molte fotografie dalle famiglie, che rappresentano la vita privata ma anche la vicenda pubblica dei protagonisti. Furono traditi dalla foto che li ritrae mente portano la bara ai funerali di Boris Pasternak, la foto diventerà l’elemento identificativo di un potere che si sente sfidato anche dal fatto che questi autori riescono a tenere in scacco la polizia segreta più potente del mondo per sei anni. Il potere, il realismo sovietico nei loro libri è sfidato dal grottesco, tanto che alla fine che sul banco dell’accusa finiscono i libri, in una vera e propria ossessione. I protagonisti sono mossi dal demone della letteratura, non sono eroi né voglio esserlo, hanno mandato all’estero i loro libri solo perché in Unione sovietica non avrebbero mai potuti essere pubblicati, non rispondevano ai canoni. Non ci sono da parte loro motivazioni politiche ma nonostante questo verranno considerati i primi dissidenti dell’Unione sovietica, che arriveranno anche a rinnegare la verità ufficiale”.
Dall’autore anche considerazioni sulla situazione attuale della Russia: “Si ritrova in comune agli anni dell’Unione sovietica la dimensione imperiale che noi occidentali abbiamo fatto l’errore di considerare conclusa. Rimane forte il consenso di Putin, che nasce proprio dal fatto che ha risvegliato l’anima imperiale del Paese. Poi ci sono i fermenti della società, potremmo dire che mentre Sinjavskij e Daniel’ hanno fondato con i loro libri il dissenso, Navalny segna il passaggio dal dissenso all’opposizione, in un contesto in cui Putin teorizza, unico tra i leader, che la democrazia non debba essere per forza liberale”.
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