Nel 131esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro”, Michele Fina ha presentato con l’autore il libro di Gennaro Spinelli “Rom e Sinti. Dieci cose che dovresti sapere” (People).
Parliamo innanzitutto, ha detto Fina, “di un grande musicista, di un grande violinista. Il libro è utile, pieno di curiosità, dati, grafici, foto e luoghi comuni che vengono raccontati e decostruiti. Tra le altre cose anche nella tragedia dei campi di concentramento sembra esserci difficoltà a conoscere meglio la parte che riguarda i rom. Occorre impegnarsi per smentire i falsi e mettere in fila le verità”.
Spinelli ha raccontato che “il progetto nasce da una necessità, ovvero divulgare e portare avanti la cultura Romanés che è qualcosa di millenario e completamente sconosciuto. Tutti credono di conoscerla ma non si sa assolutamente niente e fa comodo fare leva sull’85 per cento di italiani che hanno un sentimento di negativo nei confronti di questo popolo. Ho voluto mettere in fila i dieci più grandi stereotipi con cui siamo a contatto, a cominciare persino dal nome: la comunità si chiama Romanés, rom o sinti: così il popolo definisce se stesso. Il termine zingaro è una stimmate, un appellativo negativo. C’è un capitolo che riguarda la Shoah, che conosciamo come tragedia dello sterminio che riguardò gli ebrei, ma non dei tantissimi sinti che vennero uccisi: nessuno di loro è stato invitato al processo di Norimberga a testimoniare dei propri carnefici, nessuno ha chiesto loro scusa. Persino il numero è indefinibile con certezza, tra mezzo milione e un milione, perché in gran parte venivano uccisi sul posto. Oggi un’ottima parte della comunità Romanés è piena di intellettuali, che non vengono chiamati in causa dai mezzi di comunicazione. L’identità culturale Romanés è qualcosa di meraviglioso, si identifica molto con il concetto di noi, anche se oggi c’è il rischio che fra tre o quattro generazioni scompaia per assimilazione. Non è vero che i rom sono nomadi per cultura: solo il cinque per cento del totale delle comunità romanés vive nei campi nomadi, sono quelli che arrivarono dai Balcani nel periodo delle guerre tra gli anni Settanta e Novanta. Chi dei rom non vive in una casa è per ragioni sociali, non culturali”.
Sulla casa editrice l’autore ha detto: “La People la definisco più che altro una causa editrice, diffonde notizie che in molti non vogliono diffondere. Nel nostro caso si tratta di diffondere la cultura basilare Romanés perché dalla conoscenza nasce il rispetto”.
La registrazione del dialogo è disponibile qui.
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