Il libro di Leonardo Becchetti, Claudio Becchetti e Francesco Naso “Rinnovabili subito: una proposta per la nostra indipendenza energetica” (Donzelli Editore) è un lavoro utile per comprendere la portata della sfida in corso, l’importanza di intraprendere con decisione una nuova politica energetica. Il segno di questa sta già nel titolo, e riguarda la necessità di investire da subito nelle energie rinnovabili. Conveniva prima, conviene ancora di più adesso visto l’aumento esponenziale dei costi delle materie prime fossili importate dall’estero. In “Rinnovabili subito” gli autori lo dimostrano con una grande abbondanza e precisione di dati, forniti anche in comparazione con altre proposte. Abbiamo presentato il libro nella rubrica che curo da quasi tre anni.
Nonostante non condivida la modalità di protesta di gruppi come “Ultima Generazione”, allo stesso tempo ritengo che ci sia bisogno di ascolto dei contenuti, ovvero la necessità di salvare le condizioni di vita sulla Terra. Poi naturalmente occorre tutelare la salute delle persone, perché la pandemia è l’effetto di uno squilibrio del rapporto tra uomo e ambiente. La transizione energetica è in questo senso l’aspetto principale di quella ecologica: l’aumento dell’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile ci consentirebbe di non inquinare e non contribuire all’effetto serra. Alcuni dati presentati nel libro sono davvero illuminanti, come quando si spiega che sbloccando l’importante mole di progetti di produzione di energia rinnovabile si potrebbero risparmiare 21 miliardi in termini di costi annuali in bolletta, dimezzando ad esempio in tre anni l’esigenza di gas dall’estero e installando una generazione di energia distribuita, quindi più democratica e più sicura. Basterebbe questo per dimostrare l’assurdità di posizioni come quella che promuove il ritorno all’energia nucleare tradizionale, che richiederebbe almeno quindici anni, e, vista l’irrisoria disponibilità di materia prima, lo spreco di tempo e di impegno del governo, che ha voluto investire nell’aumento di trivellazioni nei nostri mari. Del resto, si spiega nel libro, la Norvegia è arrivata a ricavare due terzi del suo fabbisogno energetico da rinnovabili e appare persino un delitto che un Paese come il nostro, che ha ben altre e maggiori potenzialità, sia fermo al 16 per cento.
Investire subito, quindi, anche per creare nuove opportunità di lavoro e sviluppo, investire anche idee e intelligenze nel dibattito culturale per chiamare a una vera e propria mobilitazione del Paese, delle sue professionalità, per uscire dalla sterile contrapposizione tra ambiente e paesaggio e rendere le nuove esigenze energetiche un’occasione anche per una nuova generazione professionisti, dall’architettura alla pianificazione, in grado di ideare soluzioni compatibili e innovative.
Michele Fina
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