La giornata del 9 ottobre scorso, con gli assalti neofascisti culminati con quelli alla sede nazionale della Cgil e al Policlinico Umberto I, è stata particolarmente significativa per la nostra democrazia. Nella nostra Repubblica, nata dalla Costituzione antifascista, si sono verificati fatti che hanno rivelato una impressionante e sinistra somiglianza con quelli che, esattamente un secolo fa, prepararono l’avvento del fascismo, che inaugurò il suo primo ciclo di violenze e soprusi proprio con gli attacchi, tra gli altri, alle Camere del lavoro. La matrice fascista dei fatti di sabato scorso è stata perciò particolarmente evidente: confermata dagli arresti dei capi dell’estrema destra, e inquadrata da un inquietante parallelismo storico.
E’ apparsa quindi da subito, e in modo evidente, la delicatezza della posizione che avrebbero dovuto tenere le principali forze politiche della destra, ovvero Fratelli d’Italia e la Lega. Effettivamente il dramma di Roma era per loro un’ottima occasione per “tagliare i ponti” con il mondo dell’eversione fascista, a cui a fasi alterne e alterne intensità, come documentato dal giornalista Paolo Berizzi, ovvero prima con maggiore convinzione leghista e nella fase più recente da parte di Fratelli d’Italia, Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno da sempre manifestato più o meno velate forme di complicità e di appoggio, che nelle espressioni e nelle manifestazioni pubbliche si traducevano nell’ostentata ambiguità e nella reiterata assenza di condanna.
Di fronte a questo evidente bivio decisivo, trincerandosi dietro generiche e polemiche condanne, sia Salvini, sia soprattutto Meloni (su cui maggiore era l’attenzione, sia perché appare come la forza politica che a destra gode attualmente di maggiori consensi, sia perché, anche alla luce del caso Fidanza verificatosi a Milano, gravano i principali, fondati, sospetti di legami) hanno manifestato la volontà di non prendere le distanze. Una decisione rafforzata dalla scelta di non sottoscrivere la mozione che chiede lo scioglimento di Forza Nuova, che su impulso del Partito Democratico è stata sottoscritta dal centrosinistra e dal Movimento Cinque Stelle, e di presentarne una alternativa di generica condanna delle violenze e dei totalitarismi. Al di là degli esiti della votazione, una mossa opportuna che segna una chiara linea di demarcazione tra le forze politiche antifasciste e quelle che con il fascismo continuano, quando va bene, a giocare e a palleggiare. Niente di più pericoloso, ma un elemento di chiarezza in più. Con l’ulteriore sottolineatura della scelta di Forza Italia, che ha scelto di non contraddire gli alleati della destra, che a questo punto appare, a dispetto di chi si oppone a questa evidenza, totalmente fagocitata dagli estremisti e dai fascisti.
Per tutto quanto detto conterà molto la manifestazione che si terrà a Roma sabato prossimo, indetta dall’intero mondo sindacale contro la violenza fascista. Sarà una grandissima manifestazione popolare e civile che schiererà centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori a difesa della democrazia. Sarà un punto di svolta perché sono certo che darà avvio ad un nuovo percorso comune tra lavoro, politica ed istituzioni che potrà e dovrà necessariamente tradursi nella condivisione dei progetti per la ricostruzione del Paese e dell’Europa. Esattamente quello di cui abbiamo più bisogno oggi.
Michele Fina
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