La manifestazione di sabato 12 marzo di Firenze, oltre a rappresentare un successo dal punto di vista della partecipazione, ha segnato un passaggio molto importante nel cammino della sinistra e del centrosinistra nel nostro Paese. Le guerre e gli interventi armati sono sempre stati in passato motivi di netta divisione culturale, nella galassia della sinistra, tra chi li respingeva tout court e chi invece invitava a esaminare le ragioni dell’appartenenza atlantica, almeno in una parte dei casi: si pensi, per citarne una, all’offensiva contro i talebani in Afghanistan che ha fatto seguito all’11 settembre.
La manifestazione organizzata dalla rete Eurocities ma per cui il Partito Democratico ha svolto un ruolo di primo piano, si è sviluppata conseguentemente alla linea dettata dal segretario Enrico Letta, che ha respinto da subito l’opzione di una generica condanna dello scontro armato – arrivando giustamente a scontrarsi su questo con Matteo Salvini sottolineando le sue abituali ambiguità – per abbracciare la scelta di campo a favore dell’Ucraina e contro l’aggressione da parte della Russia di Putin. Il 12 marzo, grazie all’adesione di variegati e numerosi esponenti e anime del campo del centrosinistra, questa linea ha avuto anche il consenso dalla piazza, proprio dove, circostanza simbolica significativa, negli anni scorsi si consumavano polemiche e divisioni.
È un passaggio molto importante che premia, ritengo, il coraggio e la determinazione del Pd di Letta, e che non tarderà a manifestare i suoi effetti anche nelle scelte e nelle posizioni future. Su tutte, l’auspicabile necessaria affermazione di un’idea costruttiva e pragmatica di pace, che non può che passare dall’impegno diplomatico e anche dalle scelte di deterrenza che contemplano una discussione sulle politiche di difesa a livello di Unione europea e di come questo percorso si rapporterà, una volta avviato, con una riorganizzazione della Nato. La pace è la ragione, da cui dipendono tutte le altre, dell’esistenza dell’Unione europea. È grazie all’Ue se l’Europa ha conosciuto un periodo di pace di una durata senza precedenti nella storia recente. Oggi quell’obiettivo è messo in discussione, non appare più scontato come lo è stato per generazioni di cittadini europei. Per questo necessita di rinnovati impegno e determinazione. Oggi rispetto alla tragedia ucraina, e domani di fronte ad altre possibili minacce. È un aspetto che non può che essere incluso nel dibattito e nel confronto per la Nuova Europa, che deve sì partire da un nuovo slancio fondato sull’approccio sperimentato con successo con il Next Generation Eu (cioè debito e investimenti condivisi) ma che dovrà contemplare difesa comune e politica estera comune. In questo tempo la sovranità continentale deve dotarsi di tutte le forze, compresa quella militare, non solo quella monetaria.
Michele Fina
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