Bene ha fatto il ministro Andrea Orlando a sottolineare nel suo intervento alle celebrazioni del Primo Maggio al Quirinale la centralità della qualità del lavoro, necessaria a stabilire quelle della democrazia e delle società in cui viviamo. E’ un principio che apparirebbe persino ovvio se non fosse che negli ultimi trent’anni, come ha detto anche Orlando, una certa e continua disinvolta tendenza al depauperamento del valore del lavoro ne abbia in qualche modo minato la necessaria solidità, persino in contraddizione con le indicazioni del dettato costituzionale.
Si tratta di contrastare fenomeni criminali come il caporalato ma anche di combattere una battaglia che riguarda il sistema nel suo complesso, sia dal punto di vista culturale che delle norme. Il fenomeno dei lavoratori poveri è in crescita costante, e rischia di subire ulteriori aggravamenti a causa della fase storica che stiamo attraversando, degli effetti prima della pandemia, poi dell’aggressione russa all’Ucraina (su tutti naturalmente l’impennata dei costi dell’energia, pagata sia dalle famiglie che dalle imprese e quindi dai lavoratori) e del percorso avviato di transizione ecologica del sistema economico. Se nei casi del Covid e delle conseguenze della guerra la questione è in capo ai tempestivi provvedimenti di contrasto è e sarà in grado di attuare il governo – decisiva risulterà essere la sponda dell’Unione europea e la sua capacità di rilanciarsi attraverso una nuova spinta di coesione analoga, è auspicabile, a quella da cui è scaturito il Next Generation EU – nel processo transizione dell’economia appare quanto mai necessaria una strategia di largo respiro, in cui la formazione alle nuove professionalità e le politiche attive diventano elementi che potranno fare la differenza. Determinanti saranno l’ottimizzazione delle risorse – oltre sei miliardi di euro – stanziate per questi obiettivi dal Piano nazionale di ripresa di resilienza. Un percorso in cui spicca il programma Gol (Garanzia per l’occupabilità dei lavoratori) e in cui riveste una funzione centrale il successo della riforma degli ammortizzatori sociali, da collegare con le politiche attive.
In ogni caso la battaglia citata dovrà tenere al centro un principio ineludibile che è quello della dignità del lavoro e che passa per il contrasto alle forme di precariato (particolarmente cattive quando accompagnate da basse retribuzioni) e al lavoro sommerso: positivi sono in questo senso alcuni provvedimenti approvati dal governo, come il Portale unico sul lavoro sommerso, e altri che hanno inciso ad esempio nel settore dell’edilizia, fondamentale in un momento di forte accelerazione nella realizzazione delle opere pubbliche e di manutenzione e riqualificazione dell’esistente. Penso al Durc di congruità e all’obbligo, per accedere agli incentivi, di applicare i contratti collettivi di lavoro. Tutti temi da tenere assieme con quello della sicurezza sui luoghi di lavoro in un Paese come il nostro in cui la piaga delle cosiddette morti bianche è ancora troppo drammaticamente diffusa. Da segnalare in questo ambito il rafforzamento, con un ritmo di assunzioni mai registrato prima, del sistema di controllo e vigilanza. La strada che deve invertire la tendenza appare quindi in generale già segnata e va percorsa con sempre maggiore decisione.
Michele Fina
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