Nei giorni scorsi è arrivata la prima approvazione parlamentare – del Senato – dell’inserimento della tutela ambientale tra i principi fondamentali della nostra Costituzione. Per la conclusione dell’iter sarà necessario il doppio passaggio nei due rami del Parlamento con un intervallo di almeno tre mesi tra l’uno e il successivo. Il via libera di Palazzo Madama è arrivato con il sì di tutte le forze politiche, a eccezione di Fratelli d’Italia, che ha optato per l’astensione.

Se la riforma venisse definitivamente approvata, all’articolo 9, che già tutela esplicitamente il paesaggio e il patrimonio storico e artistico, verrebbe aggiunta la protezione dell’ambiente, degli ecosistemi, della biodiversità e la promozione del rispetto degli animali. Le voci contrarie hanno evidenziato il rischio di conflitto, in particolare di questo ultimo principio, con le necessità di alcune attività economiche; altre hanno sottolineato che la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Cassazione ha già di fatto introdotto il principio della tutela ambientale nel nostro ordinamento, e che quindi un intervento non solo non sarebbe necessario, ma persino rischioso, visto che andrebbe a intervenire sui principi fondamentali creando un precedente.

Ritengo al contrario che questa riforma costituzionale sia particolarmente necessaria. Non solo perché molti altri stati europei hanno prima di noi introdotto il principio e non stravolge ma integra il dettato costituzionale, ma perché serve a dare forza e consistenza a un cammino nuovo, epocale, che deve riuscire a incidere in maniera profonda sul nostro modello di sviluppo secondo i nuovi criteri guida della sostenibilità e della rigenerazione. Le risorse e i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono un elemento fondamentale, ma il nuovo approccio deve proseguire ben oltre il raggio temporale di azione del Piano. Serve perciò, come la nostra associazione TES ha subito sottolineato, “un orizzonte riformatore ampio, che introduca, anche in Costituzione, le nuove istanze della modernità, a cominciare naturalmente dall’irrinunciabilità della transizione ecologica”.

A questo si aggiunge il fatto che il progetto di riforma costituzionale, se letto nella sua completezza, introduce elementi di equilibrio particolarmente utili. In primo luogo specifica che “la tutela dell’ambiente è fondata sui principi della precauzione, dell’azione preventiva, della responsabilità”. Poi interviene anche sull’articolo 41 della Costituzione, sancendo che l’iniziativa economica non può recare danno “alla salute e all’ambiente”, oltre che all’utilità sociale, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, e che l’attività economica debba essere indirizzata e coordinata a “fini ambientali”, fermi ovviamente restando quelli sociali.

Sono proprio questi passaggi, ritengo, che rendono la riforma una cornice decisiva per imprimere la necessaria forza a un nuovo modello di sviluppo che sappia unire le necessità sociali con quelle della salute e dell’ambiente.


Michele Fina