Fina ha spiegato che “Eugenio è un dirigente politico, si è interessato del tema degli emigranti sin dai suoi studi universitari. Si stima che gli italiani lontani dall’Italia siano più di quelli vi risiedono. Eugenio ha coniugato questo interesse con la narrazione dell’emigrazione. La principale è quella cantata. Un aspetto fondamentale da rimarcare è che la cronologia delle diverse emigrazioni è unita dal tratto di essere fatta dagli ultimi, che devono andare e cercare fortuna altrove”.
Marino ha raccontato: “Questo libro nasce da tre temi: dai miei studi sulla canzone italiana (ne ho indagato gli echi e le commistioni con la letteratura), dal mio essere io stesso un emigrato dal Sud dal Nord e dalla mia passione politica. Su questi assi si è sviluppata una ricostruzione della canzone dell’emigrazione italiana, intesa come genere trasversale ai generi musicali. L’Italia è un Paese che ha più emigrati e oriundi che residenti in Italia, situazione che dura da 150 anni: si tratta perciò da tempo di un nostro tratto identitario. Dall’Italia si è sempre emigrato e si continua ad emigrare. In molti casi e campi il fenomeno migratorio è stato quasi rimosso, io ho preso il filone della canzone per raccontare la storia dell’emigrazione, del Paese e della musica italiana. Il libro segue una cronologia storica: apre con le canzoni con la seconda metà dell’Ottocento e attraverso la contestualizzazione delle canzoni in ogni singolo decennio si racconta la musica, la storia e l’evoluzione del Paese del tempo, ovvero il periodo storico, politico e musicale”.
Per Mimmo Cavallo “ci sono due tipi di emigrazione: quella scelta e quella non scelta. L’emigrato costretto è di un altro genere, si vede quando torna ai suoi luoghi e ha l’impressione che questi lo rimproverino. Quando si parla di emigrazione la si intende come un connotato del Sud o del Sud del mondo, ma in realtà prima del 1861 avveniva dal Nord Italia. Il libro di Eugenio è una miniera, non solo di informazioni, contiene molti aspetti sociali. Sin da bimbo io ho sempre tifato per i più deboli, la condizione ricorrente degli emigranti”.
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