Fina ha detto: “Ci tenevo molto a fare la presentazione di questo libro. E’ la storia dell’eccidio di Celano del 30 aprile 1950, descritta come non è mai stato fatto. Si rivolge a tutti. La scrittura di Paris mi sembra si avvicini molto a quella che definirei una magia realistica, è molto asciutta, con affinità sia con Flaiano che con Silone”.
Della Costa ha introdotto l’autore e l’opera: “Renzo Paris è uno scrittore che amo, di cui ho letto e di cui continuo a leggere tanto. Ho provato ad approfondire la sua opera nelle mie ricerche antropologiche. E’ uno dei protagonisti della scena letteraria della seconda metà del Novecento e dei primi anni Duemila, tra gli esponenti della scuola romana di poesia. Alla fine degli anni Novanta fu uno dei pochi in Italia a interpretare la cosiddetta svolta etnica, con tre romanzi che formano una trilogia marsicana dove sono presenti le sue origini celanesi. Oggi con questo capolavoro Paris torna nella sua Celano, per raccontare un fatto di un’importanza storica probabilmente sottovalutata. L’eccidio di Celano è una vicenda centrale nella storia della comunità, che seguì allo sciopero alla rovescia dei braccianti contro l’approccio latifondista, feudale di Torlonia. Il linguaggio di Paris è unico: usa alcuni aspetti del dialetto per aiutare e catalizzare il realismo che caratterizza la narrazione, che possiamo definire magica. La lingua si fa strumento della ricostruzione di un mondo, assieme alla documentazione che in questa come nelle altre opere di Paris è sempre molto attenta”.
Paris parlando del suo romanzo ha sottolineato: ha molto influito l’attenzione all’infanzia, la convinzione che per maturare bisogna andarvi. In quella vicenda persi la mia innocenza. Ho voluto farlo, ritornare nel mondo magico di Celano. Allo stesso tempo per il libro costituiscono importanti riferimenti, e vi sono contenuti, i documenti, come gli articoli sull’eccidio. I giornalisti stranieri furono colpiti dalla violenza improvvisa che scoppiò in una pubblica piazza. Mi hanno spinto anche le domande sulle motivazioni di Alessandro Torlonia. Ho portato con me a lungo l’esigenza di scrivere questo libro, che è riapparsa quando ho ritrovato Celano e mi sono accorto che non avevo più bisogno della ragione che tanto avevo usato a Roma. In questo libro c’è realismo ma non nell’accezione del neorealismo: ho voluto far entrare il lettore in una Macondo non scenografica. Uno scrittore deve essere umile e sapere ascoltare il mondo attorno a lui”.
La registrazione del dialogo è disponibile qui.
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