Fina ha detto che “si tratta di un romanzo storico come altri fortunati scritti da Proia. Ne ho letti tanti che si sono misurati con l’ambientazione e la storia di Roma, questo è scritto molto bene e mi è molto piaciuto, si capisce in ogni passaggio che è sostenuto da un lungo e accurato lavoro di ricerca. Il contesto è Alba Fucens, una città che contava più di cinquantamila abitanti ed era uno dei municipi più importanti di Roma. La fase storica è quella della transizione dalla repubblica all’impero. Potrebbe essere un romanzo di quelli che si vendono all’ingresso degli scavi di Alba Fucens, quando si riuscirà a valorizzarli: le informazioni storiche vi sono inserite con grande efficacia e si acquisiscono con facilità”.
Emma Pomilio ne ha scritto la prefazione, ha sottolineato che “è un romanzo di ottima qualità che si legge tutto di un fiato, è anche un saggio storico. Vengono inserite nel tessuto narrativo molte informazioni in modo garbato, si vede che lo studio è ragionato. Ci sono bellissimi episodi che mi sono rimasti nel cuore, come quello dei ragazzini che cercando il fantasma di Perseo di Macedonia di notte si imbattono in due amanti. Ci sono anche riferimenti alla politica, come i discorsi di Cicerone e la descrizione dei partiti. Si parla di un periodo storico molto conosciuto, rispetto a quelli precedenti caratterizzato da un cambio di mentalità, in particolare da una maggiore consapevolezza della storia rispetto al mito”.
Proia ha detto che “è un romanzo nato quasi per gioco e per caso quando ho scoperto l’informazione dell’assedio di Alba Fucens da parte di Marco Antonio contro le truppe di Ottaviano asserragliate nella città che non ha avuto molta eco nella nostra terra ma secondo me è l’evento che l’ha segnata di più: ho cercato di puntare la luce su un avvenimento che ho spostato gli equilibri di Roma. Nel romanzo si parla di tre generazioni, riuscendo così ad abbracciare un patrimonio storiografico ampio e vari tipi di lettori. Il periodo storico rappresenta uno spartiacque tra repubblica e impero, c’era incertezza, aria di grande cambiamento, una sorta di frattura tra il vecchio sistema e il nuovo che ancora doveva essere inventato. Si capiva che Roma doveva cambiare pelle, non era più una potenza militare locale. Ricostruire queste informazioni e questo contesto non è stato facile”.
Dalla centesima puntata la rubrica si presenta in veste rinnovata, avvalendosi della collaborazione di Michele Fina con l’attore Lino Guanciale, con Giovanna Di Lello (direttrice del John Fante Festival “il dio di mio padre”) e con Massimo Nunzi (compositore e direttore d’orchestra, trombettista e divulgatore).
La registrazione del dialogo è disponibile qui.
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