Nel 133esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro” Marielisa Serone D’Alò, filosofa e ideatrice di contenuti audiovisivi, ha presentato assieme all’autore Nicola Maiale (dirigente politico ed esperto di politiche conflittuali) il libro “In fiamme. Violenza politica in Italia dalla Belle époque alla marcia su Roma” (GOG Edizioni).

Serone D’Alò, lodando l’iniziativa e in generale il lavoro della casa editrice, ha detto che si tratta di un “un testo specifico e molto particolare che si inserisce nella bibliografia del conflitto e della violenza, che è molto ampia. È bello apprendere che lo spunto arriva dalla giovinezza dell’autore, visto che le giovani generazioni hanno un posto importante nel libro. Sono presenti concetti come il ribellismo e il nazionalismo, che nella vulgata odierna non sembrano potere stare assieme. Ma fare storia significa anche andare a smentire gli stereotipi”.

Maiale ha raccontato: “Il percorso di questo libro parte persino dagli esami di maturità, ricordo che uno dei titoli era sul rapporto tra gli intellettuali e la prima guerra mondiale. Maturò una passione che è andata avanti per tutta la mia vita e ha incrociato spunti di ricerca strettamente connessi anche alla militanza politica, in particolare in relazione alla Fiume dannunziana. Penso che ogni volta che una generazione rompe gli equilibri esista sempre qualcosa di più profondo di andare a cercare. Del fascismo si dice che nasca dalla prima guerra mondiale ma questa in realtà è solo il detonatore di una lunga incubazione di una serie di tendenze, comportamenti, atteggiamenti, emozioni. Dall’insegnamento del sociologo Giulio Salierno ho provato a praticare l’idea che gli eventi storici non nascono meramente da disposizioni di natura economica ma da piccole storie e grandi insoddisfazioni generazionali. L’Italia all’inizio del Novecento era un Paese povero e prevalentemente agricolo, che conobbe alcune tendenze culturali – i futuristi, i sindacalisti rivoluzionari e il nazionalismo – che incisero profondamente sull’intellettualità diffusa del paese. Si notava una certa stanchezza all’interno di un quadro stabile, in cui comunque i socialisti stavano ottenendo avanzamenti per le classi lavoratrici. Si svilupparono anche nel mondo del socialismo alcune riflessioni, portate avanti tra gli altri da Benito Mussolini, che aveva la grande capacità di individuare il soggetto sociale più conflittuale della scena. L’incrocio tra questi filoni culturali seppe ‘fare sistema’ dell’insoddisfazione nei confronti dell’ingessamento politico italiano. Sarebbe rimasta probabilmente una stagione come tante altre se non si fosse verificato l’omicidio dell’erede al trono dell’impero austroungarico, che mutò la partita delle esistenze di queste persone e dell’intero Novecento”.

La registrazione del dialogo è disponibile qui.