E’ stato Carlo Galli, docente di Storia delle Dottrine Politiche all’Università di Bologna, l’ospite del 77esimo incontro della rubrica di Michele Fina “Dialoghi, la domenica con un libro”. E’ stato presentato il suo libro “Platone. La necessità della politica” (Il Mulino). Fina l’ha definito “un libro prezioso. Galli torna alle origini confrontandosi con Platone. Parlare di Platone è una sfida complessa, la chiave di ingresso è il confronto tra il pensiero moderno e contemporaneo e Platone. L’Occidente si poggia sul pensiero astratto che a sua volta si poggia su Platone, di cui ci sono state interpretazioni le più diverse tra loro”.

Galli è presidente della sezione Emilia-Romagna della Fondazione Gramsci. Nella rubrica di Fina la settimana scorsa è stato ospite il direttore, Francesco Giasi, per discutere dell’ultima edizione delle lettere dal carcere. La circostanza ha permesso a Galli di tracciare un parallelismo tra Platone e Gramsci: “L’idea che la filosofia non è compiuta se non diventa politica, e che quindi è necessario pensare al filosofo non come a un soggetto che è appartato a contemplare ma che piuttosto entra nella società e cerca di portarla a condurre una vita non dispersa ma essenziale, è simile all’idea gramsciana del partito come intellettuale collettivo”.

Galli ha spiegato: “Platone inventa il modo di pensare occidentale, la metafisica, la politica come ambito filosofico: la dimensione nella quale gli uomini sono costretti a vivere e dove possono mettere in atto una fondamentale libertà. Il suo primo obiettivo è rendere la politica e la filosofia due facce della stessa medaglia, la metafisica, poi evitare che non solo la città ma anche i filosofi vivano male, infine sconfiggere il concetto di necessità. In certi contesti novecenteschi si è visto nell’impostazione di Platone il tentativo di produrre dominio totalitario da parte di un circolo di sapienti, posizione poi spazzata via. La metafisica contiene anche questa rigidità interna, ma nel decimo libro della Repubblica compare la tesi dell’incarnazione e il concetto che la responsabilità è di chi sceglie, che chiaramente contraddice i regimi totalitari. Per Platone la politica è una costruzione, un raddoppiamento del mondo, investita di significati fortemente intrisi di razionalità”.

Nel corso del dialogo c’è stato anche un riferimento all’attualità del pensiero di Platone, calata nel contesto concreto dell’idea contemporanea di politica e attività politica. L’autore ha detto: “Quella che interpretiamo oggi come politica è l’assecondare dinamiche concrete, materiali: di potere, di produzione. Tutto ciò è inevitabile, non si può fare la politica solo facendo i filosofi, la politica è anche potere materiale. Oggi le manca la forza per plasmare la società. Il punto è se la politica abbia o meno la forza di perseguire l’idea, concetto che a sua volta fa scattare l’accusa di ideologismo, tipica di chi non vuole in alcun modo che la politica sia capace di orientare, organizzare, trasformare la società. Oggi c’è solo lo sforzo di vivere lottando gli uni contro gli altri, ma un’idea non c’è. Platone dice che perché la città funzioni occorre l’unione di politica e filosofia, che una società viva consapevolmente, con un piano, un progetto, un’idea, anche un insieme di queste che confliggono. Se ne è priva la politica è il succedersi di molte ingiustizie e casualità”.

La registrazione del dialogo è disponibile qui