Che la proposta unitaria di Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle, Azione, Sinistra italiana, Verdi e Più Europa sul salario minimo fosse un fatto politico molto rilevante è stato evidente sin da quando è stata annunciata. L’importanza è stata allora persino sottolineata dalle dichiarazioni della ministra del Lavoro Marina Calderone, che l’ha respinta. Piuttosto scontato che a una proposta dell’opposizione, delle opposizioni, il governo e la maggioranza rispondano picche. Meno forse che lo facciano con argomentazioni sbagliate, prestando così il fianco. Calderone e oggi la presidente del Consiglio Meloni chiamando in causa alla base del proprio dissenso la contrattazione collettiva, dimenticano che la proposta delle opposizioni si basa proprio su questa, e nello specifico sui contratti più rappresentativi di ciascun settore, a cui aggiunge appunto la soglia minima dei nove euro. Calderone è stata la prima a rispondere, seguita da altri componenti della maggioranza, fino all’apertura al confronto arrivata dalla premier: da verificare quanto concreta e sostanziale.
La segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha fatto notare sin dall’inizio la superficialità di alcune considerazioni (che stando alle parole di Meloni, perdura) e ha ricordato che lo scopo della proposta è tutelare gli oltre tre milioni di lavoratrici e lavoratori poveri. In sostanza, chi è povero benché abbia un lavoro, ed è quindi ignorato dagli indicatori maggiormente usati per fotografare lo stato di salute del sistema economico, che si limitano a registrare la quota di occupazione e di disoccupazione. Quantità, e non qualità.
Il terreno comune individuato dalle opposizioni è quindi servito in prospettiva per costruire un primo elemento di coesione, ma anche istantaneamente per mettere in luce l’evidente impreparazione della destra. In aggiunta a questo, è da rilevare il fatto che la discussione si è concentrata su un argomento avanzato dall’opposizione. Sono tutte buone ragioni per proseguire su questa strada, ovvero quella che contempla condivisione, confronto, approfondimento di contenuti. Bene ha fatto la segretaria del Pd a evidenziarlo in alcune interviste che hanno fatto seguito alla ufficializzazione della proposta, individuandola come un punto di partenza, e bene ha fatto a “schierare” il partito, dentro e fuori il Parlamento, per il caparbio sostegno al salario minimo. Che sia un nuovo inizio: per quanto riguarda i requisiti degli auspicabili e futuri punti di incontro tra le forze di opposizione, andrà sempre tenuto saldo quello della concretezza, ovvero la necessità che riguardino le richieste e le urgenze delle persone, e che abbiano, le future proposte, la capacità di mettere in risalto quanto la propaganda di questo governo e questa maggioranza sia tale, narri di un approccio “popolare” ma in realtà sia fumo su misure del tutto inefficaci, quando non dannose per le fasce più vulnerabili. Come è appunto nel caso del lavoro, dove si è aumentata la precarietà e in parallelo si sono diminuite le risorse contro la povertà.
Nuove possibili convergenze stanno nel vasto campo tematico che riguarda la transizione verde, dove la destra, a livello nazionale e comunitario, si spende per attenuare e smorzare lo slancio e i provvedimenti, usando la falsa argomentazione dell’interesse nazionale. Va evidenziata una volta per tutte la grande quantità di opportunità che si perdono adottando una postura conservativa, e i modi migliori per superarla.
Michele Fina
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