Nel 130esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro” Michele Fina ha presentato con l’autrice “Caro Pier Paolo” (Neri Pozza) di Dacia Maraini, dedicato a Pier Paolo Pasolini.
Fina ha detto: “Quando è uscito ho immaginato che fosse molto speciale, tra le tante fotografie della storia della letteratura italiana quella che incrocia Maraini, Moravia e Pasolini è tra le più emblematiche. E’ un libro che si legge anche come un romanzo sulla storia di un uomo, di un genio, su tutto quello che c’è stato intorno. Maraini parla a Pasolini anche in virtù di quello è successo dopo la sua morte, del successo che ha avuto. Importante il rapporto fortissimo che ha avuto con la madre, che l’ha accompagnato per tutta la vita. Nei quasi cinquant’anni successivi alla morte di Pasolini è emerso che molte sue denunce erano sensate, penso a quello della violenza sul paesaggio. C’è molto l’idea che la sua determinazione derivava dal fatto che vedeva cose che gli altri si ostinavano a non vedere. C’era un problema di contraddizione della modernità che oggi è del tutto squadernata”.
Maraini ha raccontato che il lavoro “mi è stato richiesto da Roberto Cotroneo di Neri Pozza. All’inizio ho detto di no, poi mi è venuto in mente un sogno che ho fatto subito dopo la morte di Pasolini, sognavo i suoi passi, quando a Sabaudia aveva la camera di letto sopra il mio studio. Nel sogno mi diceva di volere fare un film. Ho deciso di partire da quel sogno e mentre lo scrivevo mi sono venuti in mente tanti ricordi che avevo quasi dimenticato. Ho conosciuto Pier Paolo che aveva quasi 40 anni, poi mentre scrivevo il libro sono uscite le sue lettere, che riguardano anche la sua giovinezza”.
L’autrice ha spiegato: “Il racconto che si faceva di lui era antipatico e sbagliato, non era violento e aggressivo ma in realtà nel mondo degli affetti era delizioso, mite, gentile. Aveva un carattere dolcissimo ma quando la sua omosessualità diventava motivo di scontro reagiva. Ho voluto fare conoscere quell’altro Pier Paolo. Aveva con la madre un rapporto viscerale, lei lo accudiva totalmente, anche in virtù di come andò il rapporto col padre. Pur essendo omosessuale ha amato donne, amori veri in cui l’eros era escluso ma che sono stati importantissimi per la sua vita”.
Rispetto al suo approccio: “Aveva idealizzato il mondo contadino per poi rendersi conto che era stato guastato dai rapporti borghesi, allora passò al sottoproletariato. Più avanti si rivolse all’Africa, sempre per cercare un mondo ingenuo, candido, vicino alla natura. Era un sogno anche sociale e politico. Non credeva che la ragione fosse uno strumento di conoscenza della realtà, si affidava ai sensi e all’intuito, ma a volte anche ad Alberto Moravia, che era l’opposto di lui, un razionale, ma con cui aveva un’amicizia profondissima. Le idee di Pasolini erano talmente un tutt’uno con il suo corpo che per farlo tacere l’hanno dovuto massacrare. Per me nella poesia c’è tutto Pasolini, idee e contraddizioni, che ha pagato fino in fondo. Vivere sue idee così carnalmente l’ha reso un modello anche per i giovani di oggi. La sua figura ha un valore simbolico di un’epoca di passaggio, in cui tutto il mondo si trova ad affrontare delle novità e lo scontro è tra chi vuole gestire il cambiamento e chi non lo accetta. Pasolini ha avuto il coraggio di rischiare di affrontare il cambiamento”.
La registrazione del dialogo è disponibile qui
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